Maschio Angioino: storia, orari e prezzi

Maschio Angioino: storia, orari e prezzi

Maschio Angioino di Napoli: alla scoperta del castello simbolo della cittΓ  partenopea

Castel Nuovo, conosciuto anche come Maschio Angioino, Γ¨ un castello storico simbolo della cittΓ  di Napoli.

Maschio Angioino: storia, orari e prezzi

Perchè si chiama Maschio Angioino?

Il termine “maschio” deriva dalla parola “mastio” riferita alle torri principali del castello arrotondate per difendere meglio il castello dagli attacchi dei cannoni.

La parola “angioino” invece Γ¨ riferita alla dinastia francese che decise l’edificazione del castello durante il Regno di Napoli.

La storia

La costruzione del Maschio Angioino iniziΓ² nel 1279, sotto il regno di Carlo I d’AngiΓ², su progetto dell’architetto francese Pierre de Chaule.

Per la sua posizione strategica il nuovo castello rivestì non solo le caratteristiche di una residenza reale, ma anche quelle di una fortezza.

Fin dall’inizio esso venne chiamato “Castrum Novum” per distinguerlo da quelli piΓΉ antichi dell’Ovo e Capuano. 

Durante il regno di Roberto d’AngiΓ² il Castello divenne un centro di cultura dove soggiornarono artisti, medici e letterati fra cui Giotto, Petrarca e Boccaccio. 

Agli Angioini successero gli Aragonesi con Alfonso I, che seguendo la scelta dei predecessori, fissΓ² la sua dimora reale in Castel Nuovo iniziandone i lavori di ricostruzione e facendo innalzare all’esterno, fra la Torre di Mezzo e quella di Guardia, il grandioso Arco di Trionfo per celebrare il suo vittorioso ingresso nella cittΓ  di Napoli.

Con gli Aragonesi si assiste al passaggio dal medioevale castello-palazzo alla fortezza di etΓ  moderna, adeguata alle nuove esigenze belliche e la zona intorno al Castello perde il carattere residenziale che aveva con gli Angioini.

La struttura della costruzione aragonese risulta senz’altro piΓΉ massiccia rispetto a quella angioina e rispecchia abbastanza fedelmente quella attuale, scaturita dai lavori di risanamento dei primi anni di questo secolo.

Il monumento presenta una pianta trapezoidale formata da una cortina di tufo in cui si inseriscono cinque torri cilindriche (di cui quattro di piperno ed una di tufo) poggianti su un basamento in cui si aprono dei cammini di ronda.

L’area del cortile, che ricalca quella angioina, Γ¨ formata da elementi catalani come il porticato ad arcate ribassate e la scala esterna in piperno, opera dell’architetto maiorchino Guglielmo Sagrera, che conduce alla Sala dei Baroni e conferisce a questo angolo della corte il caratteristico aspetto dei patii spagnoli.

Alla fine del XV secolo i Francesi subentrarono agli Aragonesi; tale presenza non durΓ² per molto tempo, in quanto i Francesi furono sostituiti a loro volta dai vicerΓ© spagnoli ed austriaci.

Durante il periodo vicereale (1503-1734), le strutture difensive del castello, adibito ad un uso prettamente militare, vennero ulteriormente modificate.

Con l’avvento di Carlo III di Borbone che sconfisse l’imperatore Carlo VI nel 1734, il castello venne circondato in varie riprese da fabbriche di ogni genere, depositi ed abitazioni.

Nel primo ventennio del XX secolo iniziarono a cura del Comune i lavori di isolamento del castello dalle costruzioni contigue (vedi video di Bernardo Leonardi); la validitΓ  di questo intervento scaturiva dal riconoscimento del valore storico e monumentale della fortezza e dalla necessitΓ  del recupero complessivo della piazza antistante.

Attualmente il complesso monumentale viene destinato ad un uso culturale ed Γ¨, tra l’altro, la sede del Museo Civico.

L’itinerario museale si articola tra la Sala dell’Armeria, la Cappella Palatina o di Santa Barbara, il primo ed il secondo piano della cortina meridionale a cui si aggiungono la Sala Carlo V e la Sala della Loggia destinate ad ospitare mostre ed iniziative culturali.

Sala dell’Armeria

Sala dell’Armeria (foto di Andrea Della Rossa)

Durante la realizzazione di alcuni interventi di restauro nella cortina settentrionale del castello, negli spazi sottostanti la Sala dei Baroni sono state rinvenute importanti testimonianze archeologiche di epoca romana, databili tra la fine del I secolo a.C. e la seconda metΓ  del V secolo d.C.

Nell’ambiente denominato Sala dell’Armeria, in quanto un tempo aveva questa funzione, sono stati riportati alla luce resti significativi degli insediamenti preesistenti alla costruzione del castello angioino.

In prossimitΓ  dell’ingresso si nota una vasca di una villa suburbana, risalente alla II metΓ  del V sec d.C., in parte rivestita da lastre di marmo bianco su cui si inserisce la cortina muraria angioina.

La parte piΓΉ antica, posta all’estremitΓ  orientale, di epoca tardo‑repubblicana (fine I sec.a.C.), Γ¨ formata da un’ampia abside che si apre in cinque nicchie semicircolari.

L’ipotesi piΓΉ accreditata Γ¨ che si tratti di una piscina o di un canale appartenente al peristilio o al giardino della villa.

Lungo la fascia costiera di Neapolis, infatti, proprio negli anni tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero, si costruirono numerose residenze tra cui la piΓΉ importante era quella di Lucio Licinio Lucullo che si estendeva fra Castel dell’Ovo e Pizzofalcone e secondo alcuni studiosi raggiungeva Palazzo Reale e Castel Nuovo.

Successivamente (VI‑XII secolo d.C.) l’area venne utilizzata come necropoli; infatti sono state individuate circa cinquanta sepolture, appartenenti sia ad adulti che a giovani di ambo i sessi con un corredo funerario minimo, tra cui alcuni oggetti personali, quali anelli, orecchini e una coppia di speroni in bronzo decorati da un felino rampante (in deposito presso la Soprintendenza Archeologica di Napoli).

In questa zona sono stati ritrovati materiali in ceramica sia di produzione locale che di importazione africana o orientale.

La Sala accoglierΓ  uno spazio multimediale con informazioni ed immagini su Castel Nuovo e sulle realtΓ  storico‑artistiche della cittΓ  di Napoli.

L’area β€œporticale” del castello

Nell’angolo in fondo alla corte, sottostante la Gran Sala, vi Γ¨ un largo ingresso con un bel portale catalano in piperno che immette ad un lungo androne detto ”porticale” alla cui estremitΓ  vi Γ¨ il passaggio pensile della cortina orientale del castello rivolta verso il mare.

Lungo il perimetro di tale galleria si accede a destra ad un ampio ambiente voltato giΓ  utilizzato nel quattrocento come magazzino di artiglieria, a sinistra sono disposte due camere dove, in epoca aragonese, erano ubicati gli β€œuffici della Corte”, in particolare: il β€œriposto”, la panetteria, la bottiglieria, la cucina e la β€œmusaria” (luogo dove si conservavano i generi alimentari).

Nella parte terminale di detto androne si apre a destra una piccola porticina con un’angusta scaletta che da accesso alla celebre prigione detta β€œdel coccodrillo”.

In origine era chiamata β€œFossa del Miglio” perchΓ© destinata a conservare il grano del castello e in alcuni casi fu utilizzata anche come orribile prigione. Secondo un’infondata leggenda in questa fossa viveva il feroce animale che divorava i prigionieri.

Attraverso il vano posto di fronte alla prigione si accede ai suggestivi e articolati ambienti, su piΓΉ livelli, della Torre del Beverello posta sul versante dell’omonimo molo.

A partire dal 1993 il Castello Γ¨ stato inserito nel β€œPiano di restauro del patrimonio monumentale pubblico del centro storico di Napoli” grazie al quale, a partire dal 1995, sono stati avviati interventi di recupero della struttura monumentale su progetto del Prof. Arch. Arnaldo Venditti d’intesa con l’allora Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Napoli e Provincia e l’Amministrazione Comunale di Napoli.

I restauri hanno visto il coinvolgimento anche dell’allora Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta nonchΓ© della Soprintendenza per i BAS di Napoli e Provincia.

Tra gli ambienti recuperati figurano anche i citati spazi del β€œporticale” del castello dove, attraverso un’indagine archeologica, Γ¨ stato possibile individuare resti di epoca romana risalenti tra la fine del I sec a.C. e la tarda etΓ  imperiale ed inoltre un’area destinata a necropoli impiantata fra la metΓ  del V e gli inizi del VI secolo d.C. .

AltresΓ¬, nel corso di tale scavo, sono emerse importanti testimonianze dell’originario impianto del castello angioino con il rinvenimento di frammenti di decorazione a fresco ritenuti di pertinenza del ciclo degli affreschi giotteschi che originariamente decoravano la Cappella Palatina. 

Inoltre sono stati portati alla luce interessanti frammenti di manufatti ceramici di epoca medievale, maiolica rinascimentale e vasellame di uso quotidiano.

Nella parte sottostante tale articolata stratificazione sono apparsi distinti depositi vulcanici che si sovrappongono a partire dall’eruzione flegrea di 9000 anni fa sino a quella vesuviana di 2000 anni fa.

Dopo tale restauro gli spazi del β€œporticale” sono stati resi fruibili, nella loro articolata stratificazione, grazie ad una particolare allestimento architettonico con pavimentazione in vetro che consente al visitatore diammirare l’affascinante succedersi dei vari insediamenti che hanno caratterizzato il rilievo tufaceo su cui fu fondato Castel Nuovo.

Le prigioni

I sotterranei sono formati da due ambienti posti nello spazio sottostante alla Cappella Palatina: l’uno chiamato “fossa del miglio” ma conosciuto piΓΉ comunemente come “fossa del coccodrillo“, l’altro denominato “prigione della congiura dei Baroni”.

La “fossa del miglio” era il deposito del grano della corte aragonese, ma venne utilizzata anche per rinchiudervi i prigionieri condannati a pene piΓΉ dure.

Un’antica leggenda racconta che i prigionieri scomparivano misteriosamente; aumentata la vigilanza non si tardΓ² a scoprire la causa delle sparizioni: da un’apertura entrava un coccodrillo che azzannava i prigionieri alle gambe e li trascinava in mare.

Al rettile, giunto dall’Egitto seguendo una nave, furono per qualche tempo gettati coloro che si volevano mandare a morte senza pubblicitΓ .

Per uccidere il coccodrillo si usΓ² come esca un’enorme coscia di cavallo; una volta morto, l’animale venne impagliato ed appeso sulla porta d’ingresso al Castello.

In realtΓ  non si tratta che di una leggenda che ripropone un motivo largamente diffuso nella novellistica popolare di tutti i paesi, quello dei prigionieri divorati da un coccodrillo, da un serpente o da altri mostri, che questa volta viene adattata al Castello napoletano.

Al secondo ambiente si accede attraversando un angusto passaggio, delimitato a destra da una scala a chiocciola in tufo, che conduce alla sovrastante Cappella Palatina.

Agli occhi dei visitatori si presentano quattro bare senza nessuna iscrizione, contenenti delle spoglie mortali, forse quelle dei nobili che avevano partecipato alla congiura dei Baroni nel 1485.

Dalla descrizione fatta dal De La Ville Sur-Yllon nel 1893 risulta che i cadaveri erano vestiti secondo la moda del Quattrocento e che uno di questi, forse un prelato, era stato ucciso per soffocamento.

Altri spazi del Castello un tempo adibiti occasionalmente a prigione sono i sotterranei della Torre dell’Oro, della Torre di Guardia e della Torre di San Giorgio.

Cappella Palatina

L’itinerario museale inizia dalla trecentesca Cappella Palatina o di Santa Barbara, che si apre sul quattrocentesco cortile di Castel Nuovo.

All’esterno l’attuale portale marmoreo, opera di Andrea dell’Aquila, ha sostituito alla metΓ  del XV secolo quello angioino, come il rosone soprastante, progettato dal catalano Matteo Forcimanya nel 1470, sostituΓ¬ quello trecentesco distrutto da un terremoto.

L’interno, riportato ai canoni dell’architettura gotica dopo i vari rifacimenti dei secoli scorsi tra cui quello barocco del Settecento, Γ¨ formato da una sola navata ricoperta da una volta a capriate lignee, senza cappelle laterali, terminante con un’abside rettangolare sul cui fondo si apre un’alta e larga monofora contrapposta a quelle, lunghe e strette, delle pareti laterali.

Nel Trecento venne interamente affrescata con le Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento da Giotto e dai suoi allievi.

Di questo ciclo restano soltanto pochi frammenti negli sguanci delle finestre con testine decorative e motivi vegetali, attribuiti a Maso di Banco e collaboratori, che ricordano gli affreschi giotteschi della cappella Bardi in Santa Croce a Firenze.

La Cappella, unica testimonianza dell’antica reggia angioina, attualmente Γ¨ destinata ad ospitare mostre temporanee. 

Con l’annessa sacrestia (temporaneamente chiusa), raccoglie pregevoli sculture del Rinascimento napoletano, quasi tutte opere di artisti che lavorano all’Arco di Trionfo di Alfonso di Aragona (1452-1458), tra cui Γ¨ degno di nota il magnifico Tabernacolo con la Madonna e il Bambino, capolavoro giovanile del lombardo Domenico Gagini, allievo di Donatello e Brunelleschi.

Sulla parete di fondo della sacrestia, al posto di un settecentesco armadio ligneo trasferito al secondo piano del museo, campeggiano le due Madonne con il Bambino del dalmata Francesco Laurana, uno dei maggiori rappresentanti della scultura napoletana quattrocentesca. 

Delle due, l’una, detta anche Madonna del passero, proveniente dalla chiesa napoletana di Sant’Agostino alla Zecca, appartiene al primo soggiorno napoletano del Laurana e si avvicina stilisticamente alle sculture eseguite per l’Arco alfonsino dallo stesso artista.

L’altra Madonna “soave fanciulla nel volto adombrato di melanconia” proviene dal portale della Cappella Palatina e risale al secondo soggiorno napoletano dello scultore (1474). 

L’itinerario prosegue negli ambienti del primo e secondo piano dell’ala meridionale del Castello.

Sala dei Baroni

Era la Sala Maior del castello angioino, voluta da Roberto d’AngiΓ² e affrescata da Giotto intorno al 1330 con le raffigurazioni degli eroi dell’antichitΓ : Sansone, Ercole, Salomone, Paride, Ettore, Achille, Enea, Alessandro e Cesare e, probabilmente, affiancati dalle loro compagne.

Il contenuto di questo ciclo di affreschi, purtroppo perduti, Γ¨ descritto in una serie di sonetti di autore anonimo, databili intorno al 1350.

Durante il regno di Alfonso I d’Aragona (1442-1458) la sala fu ristrutturata e ampliata dall’architetto maiorchino Guillermo Sagrera.

Il solenne ambiente viene denominato “Sala dei Baroni”, in quanto nel 1486 vi furono arrestati i baroni che avevano partecipato alla congiura contro Ferrante I di Aragona, invitati con l’inganno dallo stesso re a festeggiare il matrimonio di sua nipote con il figlio del Conte di Sarno.

Sulle nude pareti s’innalza fino ad un’altezza di 28 metri la spettacolare volta progettata da Sagrera, al cui centro si apre un luminoso oculus da cui si diramano 16 costoloni di piperno di Pozzuoli che, raccordandosi ad altri elementi decorativi minori, creano un disegno stellare in cui si evidenzia un forte contrasto cromatico tra il grigio delle nervature e il giallo delle pareti e della cupola in tufo.

Alla sinistra della porta di ingresso, Γ¨ visibile un portale marmoreo bifronte, opera di Domenico Gagini, che metteva in comunicazione la sala con l’appartamento dei re aragonesi.

Sugli architravi, in parte distrutti dall’incendio del 1919, si possono ammirare due bassorilievi: in quello che guarda verso la sala Γ¨ raffigurato il corteo trionfale di Alfonso I d’Aragona che attraversa la cittΓ , nell’altro, l’ingresso del re nel Castello.

Nella parete settentrionale si apre un portale catalano, usurato dal tempo, da cui si accede alla Camera degli Angeli, oggi perduti, del pittore tardo gotico, di origine lombarda, Leonardo da Besozzo.

Nella parete orientale, tra le due finestre quadripartite da una croce in piperno, si apre un grande camino rettangolare sormontato da due tribune destinate ai musici, decorate, in passato, con balaustre in stile flamboyant, simile a quello del rosone della Cappella Palatina.

Il pavimento originario era in maiolica invetriata bianca e azzurra, proveniente dalle manifatture di Valencia. Nell’angolo sud-est Γ¨ collocata la grande scala a chiocciola in piperno, che dall’abside della Cappella Palatina conduce alla terrazza superiore.

La Sala Γ¨ illuminata anche da un balcone detto “Trionfale”, la cui base ha la forma di una piramide capovolta, decorata con finissimi intarsi di pietra di Maiorca.

Attraverso la contigua Torre del Beverello si accede al suggestivo cammino di ronda, che circonda la volta. La sala durante gli ultimi 50 anni Γ¨ stata sede del Consiglio Comunale.

Cappella delle Anime del Purgatorio

Realizzata intorno agli anni 1580-81, nell’ambito delle trasformazioni del Castello volute dai vicerΓ¨ spagnoli, Γ¨ da identificarsi probabilmente con la trecentesca cappella di San Martino di Tours, un tempo affrescata con le storie della vita del Santo.

L’interno presenta una decorazione barocca con affreschi e dipinti su tavola racchiusi in cornici di stucco e legno dorato.

Sull’altare maggiore Γ¨ posta la tela, dipinta da un pittore tardo-manierista seguace di Girolamo Imparato e Giovann’Angelo D’Amato, raffigurante la Madonna del Carmine con le anime purganti ed i santi Sebastiano e Gregorio Magno.

Da una fonte antica risulta che nella cappella venne sepolto Giovanni, fratello del rivoluzionario napoletano Masaniello, in quanto proprio qui i condannati a morte ricevevano i sacramenti prima di essere giustiziati.

Porta bronzea

La porta, ubicata originariamente all’ingresso del Castello, fu commissionata a Guglielmo Monaco da Ferrante d’Aragona verso il 1475 in ricordo della vittoria da questi riportata nel 1462 su Giovanni d’AngiΓ² e i baroni ribelli.

Nei sei bassorilievi della porta, delineati da cornici decorate con motivi rinascimentali, sono narrati gli episodi piΓΉ importanti della guerra:

1. Agguato a Ferrante alla Torricella, nei pressi di Teano (29 maggio 1460);
2. Ferrante si difende dall’assalto (Torricella);
3. Presa di Accadia (9 agosto 1462);
4. Ritirata degli Angioini da Accadia;
5. Battaglia di Troia;
6. Presa di Troia.

Nel pannello inferiore a sinistra si nota una palla di cannone in ferro incastrata nella lamiera squarciata.

L’ipotesi piΓΉ accreditata Γ¨ che la porta facesse parte del bottino di guerra che Carlo VIII fece caricare sulle navi dirette in Francia. 

Durante la navigazione, al largo di Rapallo, la flotta venne attaccata e sconfitta dai Genovesi.

Nel corso della battaglia la porta, forse posta sulla tolda di una nave, fu colpita dalla palla di cannone che si conficcΓ² dall’interno nel pannello.

I Genovesi, conquistato il bottino, avrebbero poi rimandato la porta a Napoli (1495).

Primo piano del Museo

Al primo piano sono esposte opere (dipinti, sculture e arredi liturgici), prevalentemente di committenza religiosa che abbracciano i secoli XV, XVI , XVII, XVIII, provenienti da chiese e enti soppressi, fra cui la Real Casa Santa dell’Annunziata e l’Istituto di Istruzione e Assistenza Femminile Sant’Eligio.

ra queste si nota la tavola con l’Adorazione dei Magi (1519 circa), un tempo ubicata sull’altare maggiore della Cappella Palatina, opera giovanile dell’artista calabrese Marco Cardisco, dove sono raffigurati nelle vesti dei Magi, Ferrante I, Alfonso II d’Aragona e Carlo V. 

Uno dei pochi dipinti di carattere profano Γ¨ la Natura morta con pesci di Giuseppe Recco, della seconda metΓ  del Seicento, che testimonia l’adesione del pittore alla grande tradizione naturalistica napoletana.

Si passa poi ad ammirare le tele dei maggiori esponenti del barocco napoletano: Luca Giordano e Mattia Preti.

Il San Nicola in Gloria dipinto all’etΓ  di ventiquattro anni, mostra l’orientamento del Giordano verso uno stile monumentale dalla pennellata fluida e dai toni dorati, che traduce in un linguaggio barocco la lezione dei grandi maestri veneti del Cinquecento.

La Madonna del Rosario con santi, Γ¨ da attribuire all’ultimo periodo del soggiorno a Malta (1660) del Preti, proprio per lo schema compositivo denso di figure e per i riflessi di luce rossa sullo sfondo, tipici della sua pittura.

Del 1691 Γ¨ il Miracolo di San Giovanni di Dio del pittore napoletano Francesco Solimena, eseguito per l’Ospedale della Pace in occasione della canonizzazione del Santo, in cui l’artista recupera nei colori scuri la pittura del Preti allontanandosi dal luminoso colorismo dei coevi affreschi della sacrestia di San Paolo Maggiore.

Il museo ospita numerosi “argenti”, appartenenti al ricchissimo corredo liturgico dell’Annunziata, fra cui si ricorda il prezioso Crocifisso con la Madonna e San Giovanni Evangelista, in cristallo di rocca e argento, del XVI Secolo.

Secondo piano del Museo

Al secondo piano sono esposte opere che vanno dal XVIII al XX secolo. Nella prima sala si notano i cinque ovali del pittore di Bagnoli Irpino, Jacopo Cestaro, in cui viene recuperata la grande tradizione artistica dell’ultimo Solimena.

Nelle sale successive Γ¨ esposta una pregevole raccolta della pittura dell’Ottocento napoletano. Le opere sono pervenute al Comune di Napoli in un arco di tempo che va dai primi anni dell’UnitΓ  d’Italia agli anni tra le due guerre.

L’esposizione Γ¨ stata ordinata per temi: episodi storici, paesaggi, vedute della cittΓ  di Napoli, ritratti di donne ed episodi di genere.

Di Gioacchino Toma, artista che occupa un posto di primo piano nella pittura ottocentesca, sono presenti due tele (La messa in casa e Un rigoroso esame del Sant’Uffizio) che testimoniano la sua abilitΓ  nella costruzione di “interni”.

Di Michele Cammarano Γ¨ la Strage di Altamura che rappresenta con un’intensa drammaticitΓ  narrativa uno degli episodi piΓΉ cruenti della Repubblica Partenopea del 1799, l’assalto alla cittΓ  di Altamura da parte delle truppe del cardinale Ruffo.

Tra le vedute della cittΓ  Γ¨ suggestiva un’immagine della Vecchia Napoli di Vincenzo Caprile, in cui in maniera verista Γ¨ illustrata una scena di vita quotidiana di una zona popolare, posta nei pressi dell’attuale piazza Borsa, prima degli interventi del Risanamento.

Sala Novecento

La Sala Novecento sita al III piano del Museo Civico di Castel Nuovo Γ¨ dedicata al Novecento, con pitture e sculture di proprietΓ  del Comune di Napoli e da donazioni private, che erano disseminate in vari uffici e dunque non fruibili al pubblico.

Oggi Γ¨ possibile ammirare la bellissima collezione di opere riunite tutte insieme, come testimonianza storica e artistica dell’arte presente a Napoli in un secolo molto fertile di creativitΓ  dove si distinse, ad esempio, la famosa “scuola di Posillipo”.

Tra le opere esposte in un percorso che coniuga fascino e importanza, si possono ammirare, tra gli altri, quadri di: Eugenio Viti, Edgardo Curcio, Luigi Crisconio, Gennaro Villani, Carlo Striccoli, Biagio Mercadante, Giuseppe e Guido Casciaro, Vincenzo Ciardo, Emilio Notte, ai quali si aggiunge il nome di Alberto Chiancone (1904-1988), con un’importante tela donata per l’occasione dal figlio dell’artista. 

Sala Loggia

L’ala orientale del Castello, come appare nella famosa tavola Strozzi, Γ¨ racchiusa tra la Torre del Beverello e quella dell’Oro.

Comprende l’ampia facciata in piperno della Gran Sala con l’antico basamento lievemente scarpato e in corrispondenza con il piano della corte un incantevole passaggio pensile retto da grandi mensoloni.

Accanto si erge l’alta e stretta abside della Cappella palatina delimitata dalle snelle torrette angolari poligonali trecentesche rivestite in piperno in epoca aragonese.

Segue un corpo di fabbrica, attiguo alla Torre dell’Oro, piΓΉ sporgente con basamento scarpato in piperno che in origine ospitava la β€œloggia grande del castello” ampia terrazza su due livelli con arcate di piperno, fatta realizzare da Federico d’Aragona nel 1497.

Attualmente la loggia al piano della corte Γ¨ destinata ad ospitare la celebrazione dei matrimoni civili nonchΓ© varie iniziative culturali di particolare rilevanza.

Antisale dei Baroni

Il castello, fondato nel 1279 da Carlo I d’AngiΓ², dopo i danni subiti nelle guerre di successione tra angioini e aragonesi fu ricostruito da Alfonso I d’Aragona a partire dal 1443. 

La reggia-fortezza angioina venne in gran parte demolita; infatti solo la Cappella Palatina, risalente al 1307, mostra, ancora oggi, forme trecentesche e alcuni frammenti dell’originario ciclo di affreschi giotteschi negli sguanci dei finestroni.

Nell’ambito di tali interventi di ricostruzione, nell’ala settentrionale del castello, compresa tra la torre di San Giorgio e la torre del Beverello, al primo piano, venne realizzata la Gran Sala della Reggia, autentico capolavoro catalano dell’architetto maiorchino Guillermo Sagrera, e nelle attigue stanze, oggi comunemente chiamate antisale dei Baroni, fu allestito l’appartamento di Alfonso il Magnanimo e del figlio Ferrante.

L’appartamento comprendeva tre prestigiosi ambienti con soffitti cassettonati in legno dorato riccamente decorati con le principali imprese araldiche della Casa d’Aragona: la Sala del β€œMiglio”; la Sala dell’Interlazzo, cioΓ¨ del β€œNodo”la Sala dell’Ermellino. Simboli araldici presenti, ancora oggi, in altri ambienti del castello.

Gli attuali spazi delle antisale (contigue alla Gran Sala detta dei Baroni, a seguito della famosa congiura contro Ferrante d’Aragona conclusasi tragicamente nel 1487) sono destinati ad ospitare eventi culturali promossi d’intesa con l’Amministrazione Comunale nell’ambito della valorizzazione del complesso monumentale di Castel Nuovo.

Maschio Angioino: indirizzo, orari e prezzi

Dove si trova il Maschio Angioino?

Il Maschio Angioino di Napoli si trova in via Vittorio Emanuele III a Napoli.

Come arrivare?

Il Maschio Angioino Γ¨ raggiungibile agevolmente in treno, autobus e auto.

In treno

Metropolitana Linea 1, fermata Municipio.

In autobus

Autolinee urbane 202 (Corso Umberto – Via De Pretis) ed R2 (Stazione Centrale – Piazza Trieste e Trento).

In auto

Dalla tangenziale prendere l’uscita Centro – Porto, per poi percorrere via Marina destinazione Castel Nuovo.

Dove parcheggiare?

Prenota il tuo parcheggio vicino al Maschio Angioino alla seguente pagina.

Quali sono gli orari di apertura?

Il Maschio Angioino è aperto al pubblico dal lunedì al sabato dalle 8:30 alle 18:30.

Il Museo Civico Γ¨ aperto dal lunedΓ¬ al sabato dalle ore 8:30 alle 18:30. La biglietteria chiude un’ora prima.

Qual Γ¨ il prezzo del biglietto di ingresso?

Il Maschio Angioino Γ¨ ad ingresso gratuito.

Subordinatamente alla disponibilitΓ  del personale saranno visitabili:

  • Sala dei Baroni;
  • Percorso Archeologico ex sala dell’Armeria;
  • Cortile Monumentale;
  • Sala della Loggia con affaccio sugli arsenali.

Itinerario museale (Biglietto d’ingresso: € 6,00)

  • Primo piano Museo Civico -Collezione Jerace (Sala Carlo V) e Pinacoteca;
  • Secondo piano Museo Civico – Pinacoteca;
  • Terzo piano Museo Civico – Sala Novecento, sculture e dipinti provenienti da donazioni e collezioni del Comune di Napoli.

Come prenotare l’ingresso gratuito?

L’accesso al complesso monumentale, simbolo della CittΓ  di Napoli, avviene esclusivamente attraverso il sistema online di prenotazione denominato “SI.Ri.P.ARTE – Sistema Ricezione Prenotazioni per l’Arte” che consente di evitare assembramenti o lunghe attese all’ingresso.   

I visitatori possono scegliere tra 7 turni d’ingresso, ognuno per un numero massimo di 60 partecipanti, secondo i seguenti orari: 08.30, 10.00, 11.30, 13.00, 14.30, 16.00, 17.00.

Puoi prenotare la visita a Castel Nuovo alla seguente pagina.

Contatti del Maschio Angioino

Per maggiori informazioni puoi chiamare al 081.7957701/03 o scrivere una mail a beni.culturali@comune.napoli.it.

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