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“Monet”: la Mostra
La mostra “Monet. Capolavori del Musée Marmottan Monet di Parigi”, un’esposizione di alcuni dei capolavori del pittore impressionista Claude Monet, è in programma a Palazzo Ducale a Genova fino al 22 Maggio 2022.
Tutti provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, i 50 capolavori in mostra rappresentano alcune delle punte di diamante della produzione artistica di Monet e raccontano l’intera parabola artistica del Maestro impressionista.
L’eccezionalità di questa mostra risiede nell’amore e nell’intimità che emanano le opere esposte, allestite in maniera del tutto inedita e suggestiva nelle varie sale del Munizioniere di Palazzo Ducale, luogo pieno di fascino che consentirà un viaggio del tutto nuovo nel mondo di Monet.
Ad accogliere il pubblico come in un onirico giardino lussureggiante, in mostra opere come le sue amatissime e iconiche Ninfee (1916-1919 ca.), Iris (1924-1925 ca.), Emerocallidi (1914-1917 ca.), Salice piangente (1918-1919 ca.), le varie versioni del Ponte giapponese e la sua ultima e magica opera Le rose
(1925-1926 ca.).
Verdeggianti salici piangenti, delicati ponticelli giapponesi dai colori impalpabili e viali di rose fanno da cornice a una natura ritratta in ogni suo più sfuggente attimo, variazione di luce, tempo o stagione.
Promossa e organizzata dal Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova, Regione Liguria e Arthemisia, la mostra è realizzata in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi ed è curata da Marianne Mathieu, storica dell’arte e direttrice scientifica dello stesso museo parigino.
Musée Marmottan Monet
Il Musée Marmottan Monet – il cui vastissimo patrimonio artistico è raccontato nel percorso della mostra – possiede il nucleo più grande al mondo di opere di Monet, frutto di una generosa donazione di Michel, suo figlio, avvenuta nel 1966 verso il museo parigino – che prenderà proprio il nome di “Marmottan Monet”.
I giardini di Monet
Nelle sue tele di luce evanescente, Monet ha sempre unito il suo amore per la natura con l’arte e, facendo
del pennello una propaggine della sua mano, ha creato e riprodotto giardini ovunque abbia vissuto.
Sebbene trascorresse molto del suo tempo a Parigi e viaggiasse molto in Francia e all’estero, Monet preferì
la campagna e visse per più di cinquant’anni lungo la Senna, accrescendo sempre più il suo interesse per il
giardinaggio, per le aiuole delle sue prime case ad Argenteuil e per i suoi magnifici giardini a Giverny.
Proprio Giverny, la sua casa dopo il 1883, può essere considerata come il luogo di consapevolezza e
rinascita per lo stesso artista; una sequenza di nuovi elementi dettati da una brillante innovazione formale,
geografica e di ricerca stilistica che lo ha portato a interessarsi sempre di più soggetti impregnati di nuova
lirica e colori vivaci.
Un luogo, il suo giardino, che lo terrà impegnato – quasi esclusivamente – per oltre vent’anni e il Clos Normand si adorna di diverse varietà di piante: iris, giunchiglie, peonie, narcisi, tulipani, rose; ciliegi e albicocchi.
Senza dimentica il “giardino acquatico”, che Monet comincia ad allestire dal 1893 facendo costruire un ponte giapponese, accoglie salici piangenti, agapanti, emerocallidi e ninfee.
“Monet”: Quali opere vedere
Suddivisa in 7 sezioni, l’esposizione introduce quindi alla scoperta di opere chiave dell’Impressionismo e della produzione artistica di Monet sul tema della riflessione della luce e dei suoi mutamenti nell’opera stessa dell’artista, l’alfa e l’omega del suo approccio artistico.
Introduzione alla mostra – Il giardino di Monet
Claude Monet (1840-1926) trascorre la vita intera immerso nel paesaggio. Nel 1883 si trasferisce a Giverny: la casa dipinta di rosa, acquistata nel 1890, sarà la sua ultima dimora, e il giardino, che l’artista ricrea a partire da zero, la fonte d’ispirazione finale della sua opera.
Monet dedica molte ore alla rappresentazione di tutte le sfaccettature del mondo vegetale che lo circonda e realizza un gran numero di quadri dipingendo dal vero, nel caso di opere di piccolo formato, o in studio per quelle più grandi.
Con il passare del tempo, fa del bacino con le ninfee il soggetto unico delle sue tele, eliminando dalle
composizioni i margini dello stagno per privilegiare un unico dettaglio: l’acqua, i riflessi a specchio, le
ninfee, fino alla realizzazione delle Grandes Décorations.
Attraverso la presentazione di 50 opere del pittore, tratte dalle collezioni del Musée Marmottan Monet, la mostra segue il percorso artistico di Monet nel paesaggio, dall’apprendistato sulla costa normanna al giardino di Giverny che egli seppe creare e poi trasfigurare con la sua arte.
Prima sezione – Le origini del Musée Marmottan Monet: dall’Impero all’Impressionismo
Nel 1932 Paul Marmottan (1856-1932) lascia per testamento le sue collezioni e il suo hôtel particulier,
situato nel 16° arrondissement di Parigi, all’Académie des beaux-arts, che nel 1934 ne fa un museo.
Gli arredi e i quadri neoclassici costituiscono il primo fondo dell’istituzione parigina e illustrano la passione di Marmottan per l’arte del Primo Impero. Ne è un esempio questo paesaggio di Jean-Victor Bertin (1767-
1842), dimostrazione di una pittura colta, fatta di composizioni chiare e prospettive frontali.
Un’arte accademica che si oppone a quella degli impressionisti, interessata invece a trascrivere in pittura le
sensazioni mediante rapidi tocchi abbozzati, come nei due ritratti di Monet che raffigurano il figlio Michel.
Eppure un aneddoto riunisce le due visioni estetiche. Per stroncare la prima mostra di Monet e dei suoi
amici presentata nel 1874 nello studio di Nadar, il giornalista Louis Leroy, in un articolo pubblicato dal
quotidiano satirico “Le Charivari”, scrive di un allievo di Bertin sul punto di soffocare alla vista dei dipinti di
Pissarro o di Degas, che riceve il colpo di grazia di fronte a Impressione, levar del sole (1872) di Monet,
l’opera che dà quindi il nome all’impressionismo.
Alla fine però sarà Bertin, e non Monet, a scomparire nel nulla. Un secolo dopo, la storia riunirà i pittori neoclassici e gli impressionisti nello stesso scrigno, facendo del Musée Marmottan Monet il depositario del primo fondo mondiale di opere di Monet in seguito al lascito del figlio minore e discendente diretto del pittore, Michel Monet.
Più di cento opere vanno a integrare le collezioni dell’istituzione e il museo aggiunge quindi al suo il nome del maestro di Giverny.
Seconda sezione – En plein air
Nell’Ottocento, lo sviluppo della rete ferroviaria e l’invenzione del colore in tubetto permettono ai pittori di viaggiare e dipingere all’aria aperta. Questa nuova opportunità comporta però alcune limitazioni.
L’artista deve portare con sé la propria attrezzatura, quindi predilige le tele di piccolo formato, più facili da trasportare. Inoltre deve dipingere alla svelta, per cogliere al volo ciò che vede. Per questo diventa più visibile il trattamento pittorico della tela e le pennellate si fanno più rapide, inoltre la gamma dei colori impiegati, lavorando in pieno giorno, si fa più chiara.
Monet venne introdotto a questa pratica da Johan Barthold Jongkind (1819-1891) e da Eugène Boudin
(1824-1898). Il pittore viaggia molto in giro per la Francia e si reca all’estero per dipingere, tra l’altro,
paesaggi e marine come Vue de la Voorzaan (1871).
Durante le sessioni di pittura en plein air, talvolta si fa assistere da un aiutante, e questo è il caso di Poly, conosciuto e poi ritratto a Belle-Île nel 1886.
Terza sezione – La luce impressionista
Scegliendo di lasciare l’atelier per andare a dipingere dal vero, gli impressionisti infrangono la gerarchia dei
generi pittorici. Per loro, la sensazione prodotta da un paesaggio o dalle scene di vita moderna è senz’altro
più importante del soggetto stesso.
Monet, maestro della pittura en plein air, dedicherà l’intera vita a cercare di cogliere le variazioni luminose e
le impressioni cromatiche dei luoghi che osservava. Più che il soggetto, lo interessa il modo in cui viene
trasfigurato dalla luce.
Per catturare la luminosità sempre mutevole, il pittore lavora in fretta, con pennellate che si susseguono rapidamente, inoltre non esita a visitare siti in cui si verificano a violenti cambiamenti climatici.
La costa normanna con i suoi magnifici tramonti, oppure la regione della Creuse, scoperta durante un soggiorno nel 1889, gli offrono la possibilità di ritrarre l’intensità luminosa in un ambiente naturale ancora selvaggio.
Quarta sezione – Da Londra al giardino: nuove prospettive
Nella carriera di Monet, Londra fu un vero e proprio laboratorio di sperimentazione. I paesaggi spettrali generati dai fumi delle fabbriche e la foschia del Tamigi gli permisero di lavorare, come lui stesso disse, su ciò che in pittura era impossibile: la nebbia impalpabile che copre le architetture e la luce mutevole che sfiora la superficie dell’acqua.
Con le vedute del ponte di Charing Cross e del Parlamento, dipinte nel corso di vari soggiorni successivi, si apre per lui una nuova fase di ricerca, che si manifesta pienamente al ritorno a Giverny.
Con le Ninfee del 1904 e 1907, Monet concentra tutta la composizione su un particolare del suo giardino d’acqua: l’inquadratura è audace, la linea dell’orizzonte, ancora presente nei suoi paesaggi londinesi, qui manca del tutto.
Rimangono soltanto i riflessi della vegetazione che cresce intorno lo stagno e le ninfee isolate, appena abbozzate. In queste opere Monet adotta un punto di vista completamente nuovo, aprendosi a un diverso rapporto con lo spazio e andando oltre l’impressionismo.
Quinta sezione – Le grandi decorazioni
Dal 1914 fino alla sua morte avvenuta nel 1926, Monet esegue centoventicinque pannelli di grandi dimensioni che hanno come soggetto il giardino d’acqua di Giverny.
Una selezione di queste opere – oggi nota come le Ninfee dell’Orangerie – il pittore la offre allo Stato francese. Questi dipinti monumentali, realizzati direttamente nell’atelier, portano all’estremo la ricerca già iniziata con le Ninfee del 1903 e del 1907.
Raffigurando una piccola parte del suo stagno in un formato così grande, Monet non solo annulla ogni riferimento prospettico reale, ma propone di immergere l’osservatore in una distesa d’acqua che si fa specchio: le nuvole e le fronde dei salici si riflettono sulla superficie dello stagno, e il sopra e il sotto sono ormai indistinguibili.
Questi paesaggi senza inizio né fine invitano a un’esperienza contemplativa in cui la rappresentazione di un fiore o di un dettaglio della natura bastano a suggerirne l’immensità.
Sesta sezione – Monet e l’astrazione
Nel 1908 Monet si ammala di cataratta, una patologia che gli impedisce una visione limpida e compromette la sua percezione dei colori.
Mentre il pittore lotta con questa progressiva cecità, la sua tavolozza si riduce e – lo notiamo nei cicli del Viale delle rose, del Ponte giapponese e del Salice piangente, tutti di questo periodo – è dominata dalle tonalità di marrone, rosso e giallo.
La sua pittura si fa più gestuale: sulle tele diventa visibile la mano che tiene il pennello. La forma svanisce lasciando il posto al movimento e al colore, e dalla rappresentazione si passa allo schizzo, via via sempre più indecifrabile.
Questi dipinti da cavalletto, che non hanno uguali nel percorso artistico di Monet, avranno una profonda influenza sui pittori astratti della seconda metà del Novecento.
Settima sezione – Le rose
I fiori hanno accompagnato tutta la vita di Monet, sia nella sfera privata che in quella lavorativa. Il giardino di Giverny, con piante che fioriscono in ogni stagione, è un omaggio dell’artista ai colori cangianti e alla natura effimera dei fiori e Le rose, dipinte nel 1926 all’età di 85 anni (lo stesso anno della sua morte), ne sono l’ultima celebrazione.
Il carattere incompiuto del dipinto accresce l’impressione di fragilità delle rose, i cui boccioli leggeri si stagliano delicatamente contro un cielo azzurro. La composizione ritrae alcuni rami del roseto e ricorda le stampe giapponesi che il pittore collezionava con tanta passione.
Con Le rose, Monet rende omaggio alla natura che ha saputo raffigurare così bene, insieme alla fragilità e alla caducità di ciò che ci circonda.
Informazioni utili
INDIRIZZO: Genova, Piazza Giacomo Matteotti 9 c/o Palazzo Ducale;
COME ARRIVARE: Metropolitana di Genova fermata De Ferrari;
ORARI: La mostra è aperta al pubblico con orario continuato il Lunedì dalle ore 11:00 alle ore 19:00, Martedì, Mercoledì, Giovedì dalle ore 9:00 alle ore 19:00, Venerdì dalle ore 9:00 alle ore 21:00, Sabato e Domenica dalle ore 10:00 alle ore 19:00 (La biglietteria chiude un’ora prima);
BIGLIETTO:
Ecco tutte le informazioni utili relative al costo del biglietto, acquistabile anche online, per visitare la mostra:
- Intero: € 15,00;
- Ridotto: € 13,00 (Ragazzi dai 14 ai 27 anni, over 65 anni, visitatori con disabilità, soci FAI con tessera, Touring Club);
- Biglietto Open: € 18,50;
- Scolaresche: € 6,00 (Prenotazione obbligatoria. Per informazioni: didattica@palazzoducale.genova.it. Per prenotazioni scuole: 0108171604 – prenotazioniscuole@palazzoducale.genova.it);
- Gruppi: € 13,00 (Numero massimo di partecipanti 15 persone, gratuità per 1 accompagnatore per gruppo. Per informazioni e prenotazioni gruppi adulti: 010986391);
- Gratuito: Under 6 anni, 1 accompagnatore per disabile che presenti necessità, guide turistiche con patentino, tesserati ICOM e giornalisti accreditati.
L’ audioguida è inclusa nel biglietto.
L’accesso alla mostra è contingentato e la prenotazione, tramite il preacquisto del biglietto, è fortemente consigliata. È possibile acquistare i biglietti di ingresso anche in sede: in questo caso l’ingresso alla mostra potrebbe comportare delle attese per rispettare le capienze di sicurezza delle sale.
NORME DI ACCESSO
Dal 10 Gennaio 2022 per accedere agli spazi espositivi, alle mostre e agli eventi è richiesto il “Green Pass Rafforzato” in ottemperanza al Decreto Legge del 24/12/2021, n. 221.
Rimangono inoltre in vigore le prescrizioni di sicurezza anti-Covid: per l’ingresso è possibile la misurazione della temperatura ed è obbligatorio indossare la mascherina.
Per maggiori informazioni puoi chiamare allo 010 8171600, scrivere all’indirizzo di posta elettronica palazzoducale@palazzoducale.genova.it o contattare le pagine Facebook e Instagram di Palazzo Ducale.
Cosa leggere
Per approfondire la conoscenza delle opere di Claude Monet, consiglio la lettura del libro “Monet” a cura di Gérard-Georges Lemaire.