“Oltre Caravaggio”: la mostra al Museo di Capodimonte

“Oltre Caravaggio”: la mostra al Museo di Capodimonte

“Oltre Caravaggio”: la Mostra

La mostra “Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli”, un’esposizione di 200 opere provenienti tutte dalle collezioni permanenti del museo, è in programma al Museo Nazionale di Capodimonte fino al 7 Gennaio 2023.

L’esposizione, a cura di Stefano Causa, docente di Storia dell’arte moderna e contemporanea presso l’Università degli studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa” e Patrizia Piscitello, si sviluppa nelle 24 sale del secondo piano.

La mostra “Oltre Caravaggio”, realizzata in collaborazione con le associazioni Amici di Capodimonte Ets e American Friends of Capodimonte, si propone di rilanciare il dibattito presentando un’altra lettura del ‘600 napoletano, diventato per amatori e storici il secolo di Caravaggio.

Il ’600 napoletano

Il ’600 napoletano è stato riscoperto e definito meno di un secolo fa dallo storico d’arte Roberto Longhi (1890-1970). Secondo lo studioso, il naturalismo di Caravaggio sarebbe la spina dorsale dell’arte napoletana.

I curatori della mostra propongono ripensare l’intera articolazione di un secolo che non fu solo quello di
Caravaggio, ma soprattutto quello di Jusepe de Ribera, uno spagnolo arrivato a Napoli nel 1616, sei
anni dopo la morte di Caravaggio.

Dipinto “La Flagellazione di Cristo” di Caravaggio, conservato nel Museo di Capodimonte.
“La Flagellazione di Cristo di Caravaggio”

La mostra “Oltre Caravaggio” porta Ribera, rappresentato nelle collezioni del Museo di Capodimonte da opere sacre, mitologiche e nature morte, al centro della scena artistica napoletana.

Gli artisti nella Napoli del ‘600

Nel XVII secolo Napoli era diventata una delle megalopoli più popolose del mondo esercitando una profonda influenza sulla cultura europea; la sua storia si presenta come una ricca stratigrafia, fatta di diverse civiltà, popoli e espressioni artistiche.

In quest’ottica si può spiegare il ruolo centrale che hanno in questa rassegna, dedicata al XVII e XVIII secolo, lombardi come Caravaggio (1571-1610), emiliani come Giovanni Lanfranco (1582-1647), Domenichino (1581-1641) e Guido Reni (1575-1642).

Lo spagnolo (ma napoletano d’adozione) Jusepe de Ribera (1591-1652), i francesi Simon Vouet (1590-1649) e Pierre-Jacques Volaire (1729-1799), il bergamasco Cosimo Fanzago (1591-1678), i romani Artemisia Gentileschi (1593-1653) e Gregorio Guglielmi (1714-1773) ed il belga François Duquesnoy (1597-1643).

Gli artisti napoletani traevano ispirazione da questi apporti, rielaborando in maniera del tutto personale iconografie, tagli compositivi e utilizzo delle luci, esportando il loro linguaggio in Italia e in Europa.

Un esempio tra tutti è Luca Giordano (1634-1705), che viene chiamato a Venezia (1665, 1668), a Firenze (1682-83, 1685) e in Spagna (1692-1702), lasciando traccia sui pittori locali.

“Oltre Caravaggio”: Quali opere vedere

Il primo ‘600

L’arte napoletana del primo ‘600 riceve un grande impulso grazie alle committenze ecclesiastiche sia degli ordini religiosi sia dei privati, che rinnovavano e arricchivano le cappelle di famiglia.

Alla vigilia dell’arrivo del Caravaggio dominano in città pittori ad affresco, imprenditori e scopritori di talenti, come Belisario Corenzio (1558-1646[?]), con cui si forma il giovane Battistello Caracciolo (1578-1635).

Spicca, tra tutti, uno dei grandi maestri di secondo ‘500 come Francesco Curia (documentato 1588-1608), la cui Annunciazione, del 1597, Caravaggio (1571-1610) avrà potuto ammirare al suo arrivo a Napoli nella Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi.

Il bolognese Domenico Zampieri detto il Domenichino (1581-1641), che a Napoli lascerà, dal 1631, nella Cappella del Tesoro di San Gennaro dipinti su rame e affreschi, aveva realizzato nel 1615 per la Chiesa di San Francesco a Palermo l’Angelo custode.

Dipinto "Angelo Custode" del pittore Domenichino.
“Angelo Custode del Domenichino”

Ribera

Sulla base degli studi di Roberto Longhi il ‘600 napoletano è identificato come il secolo di Caravaggio. Ma se sostituissimo al nome del Caravaggio quelli di Ribera e Fanzago?

I due artisti sono le personalità cruciali per gli sviluppi della cultura figurativa nel Viceregno, per la loro presenza stabile sul territorio e la formazione di articolate botteghe che lavoravano sui modelli dei maestri.

Lo stile di Ribera, partendo da una esasperata rappresentazione della realtà, si evolve verso un intelligente e appassionato recupero della grande lezione cinquecentesca di Tiziano (1488/1490 –1576).

Un capolavoro di Ribera è il San Girolamo e l’angelo del Giudizio, del 1626 proveniente sempre dalla Chiesa della Trinità delle Monache.

Sul lato destro l’inserto del teschio, del volume e delle carte, conferma al livello più alto il talento di Ribera nel dipingere nature morte autonome.

Il Sileno ebbro di Jusepe de Ribera, un olio su tela del 1626, raffigura Sileno, un seguace di Dioniso, dio del vino, mentre alza la coppa per accettare altro vino dalla figura alle sue spalle mentre Pan, dio della natura
selvaggia, lo incorona con delle viti.

Dipinto “Sileno Ebbro” di Jusepe de Ribera.
“Sileno Ebbro di Jusepe de Ribera”

L’asino che raglia e l’ambientazione rustica accentuano, ai limiti della caricatura, il ricordo dei baccanali di Tiziano. Si tratta di uno dei capolavori di Ribera, la cui firma si trova sul cartiglio in basso a sinistra strappato dal serpente, simbolo di immortalità.

Napoli barocca

Nel corso degli anni ’40 del Seicento si affermano botteghe come quella di Massimo Stanzione (1589-1656) e Andrea Vaccaro (1604-1670) anche nella produzione di dipinti da stanza, perlopiù a mezza figura, destinati alla devozione privata.

In sala 93 Rinaldo e Armida, 1640-1650 di Andrea Vaccaro (Napoli, 1604 – 1670): il dipinto rappresenta un passo tratto dal XVI canto della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso.

Di Pacecco De Rosa è esposto in sala il Bagno di Diana, 1645 ca., soggetto tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (III, 225 – 252): Atteone osserva di nascosto Diana nell’intimità del bagno mentre è accudita dalle ninfe.

Dipinto “Bagno di Diana” di Pacecco De Rosa.
“Bagno di Diana di Pacecco De Rosa”

Alcuni maestri, attivi nel secondo trentennio del Seicento, sviluppano invenzioni tratte da Ribera in formato da stanza o da cabinet, riducendo composizioni più ambiziose in dipinti dalle dimensioni contenute.

Sono, tra gli altri, Aniello Falcone (1607-1656), Andrea De Lione (1610-1685), Domenico Gargiulo (detto Micco Spadaro) (1609-1675), Paolo Porpora (1617- 1673); di quest’ultimo è presente in sala un’opera della sua fase matura: la Natura morta con fiori, frutta, uccelli e pappagallo, 1660 ca.

Barocco da camera

Il pittore francese Nicolas Poussin (1594-1665), operoso lungamente a Roma, influenzò anche la pittura napoletana tra gli anni ’40 e ’50 del ‘600.

La sala 98 è dedicata alla spettacolare cascata sull’acqua delle Ipomee e boules de neige di Andrea Belvedere (1652-1732).

Si tratta di una delle più belle nature morte napoletane: la raffinatezza cromatica e la particolare qualità della materia pittorica ci fanno capire come l’eredità di Giordano, alla fine del secolo, arrivò a influenzare anche i pittori di genere.

Dominata da dipinti da stanza per un pubblico di amatori e collezionisti, la sala celebra il primato raggiunto sulla scena locale negli anni ’60 del Seicento dal trentenne Luca Giordano (1634-1705). In sala Lucrezia e Tarquinio, 1663, Venere dormiente con Cupido, 1663, Leda e il cigno, 1670 ca. e Diana saetta Niobe, 1660-1669.

Il secondo ‘600

Gli inoltrati anni ’50 del Seicento sono caratterizzati, a Napoli, da una situazione in fermento. Nello spazio di pochi anni il talento precoce di Luca Giordano (1634-1705) contribuisce a diffondere nel Viceregno la cultura del barocco romano di Gian Lorenzo Bernini (1598 –1680) e di Pietro da Cortona (1597 –1669).

Il Barocco in ‘dialetto napoletano’ di Giordano – giocato tra soggetti religiosi, mitologici e celebrativi – si coniuga, nel corso degli anni ’50, con le istanze di un maestro calabrese cresciuto a Roma, Mattia Preti (1613-1699).

Dopo una formazione avvenuta a Roma (con un occhio sempre aperto sui fatti napoletani), Mattia Preti mette a punto le risorse di uno stile luministico contrastato e di sicura efficacia, ricco di tagli scorciati e di sottinsù.

Nel gruppetto di tele qui raccolte, come il Convito di Assalonne, Mattia Preti contempera ricordi dai caravaggeschi, dal parmense Lanfranco (1582-1647) e dai maestri del Rinascimento veneto, rivestendo le scene bibliche d’una coloritura drammatica cui Giordano (1634-1705) stesso guardò con ammirazione.

Al centro della sala 103a la Madonna del Rosario, 1686 di Luca Giordano (1634-1705), è un omaggio alla religiosità istintiva e popolare tipica delle processioni sacre che si svolgevano nella Napoli vicereale.

La presenza delle quattro nature morte, di mano di alcuni dei massimi artisti del genere come Giuseppe Recco (1634-1695) e Giovan Battista Ruoppolo (1629-1693), celebra nelle sue forme esteriori una religiosità spiccatamente barocca, della gioia di vivere attraverso i frutti della terra e del mare, che rinviano alle prosperità del mondo come dono di Dio.

Dipinto “Natura morta con festoni di fiori e cacciagione” di Giuseppe Recco.
“Natura morta con festoni di fiori e cacciagione di Giuseppe Recco”

Solimena e il ‘700

La grande tela con Enea e Didone, eseguita da Francesco Solimena (1657-1747) negli anni ’20 del Settecento, ha riacquistato, dopo un importante restauro, il suo carattere monumentale e sontuoso.

Come si offrivano gli artisti del passato allo sguardo altrui? In questa sala presentiamo due esempi
emblematici: l’Autoritratto di Francesco Solimena (1657-1747), campione della pittura napoletana
tra tardo Seicento e la metà del secolo successivo, e quello di Paolo de Matteis (1662-1728), artista
molto apprezzato anche oltralpe.

"Autoritratto" del pittore avellinese Francesco Solimena.
“Autoritratto di Francesco Solimena”

Nella seconda metà del 700 il vedutismo napoletano è stato addirittura creato dallo sguardo degli stranieri sul paesaggio. Napoli è una tappa necessaria nell’educazione del Grand Tour.

I dipinti di un appassionato del Vesuvio come PierreJacques Volaire (1729-1799) sono capisaldi in un genere di grande successo.

Dipinto “Eruzione del Vesuvio dal Ponte della Maddalena” di Pierre-Jacques Volaire.
“Eruzione del Vesuvio dal Ponte della Maddalena di Pierre-Jacques Volaire”

Rappresentare i fenomeni naturali più impressionanti contribuisce a far nascere la poetica del Sublime, i chiari di luna ed eruzioni vulcaniche, contrasti cromatici e emozionali, che impronteranno gran parte della cultura europea della fine del ‘700.

Ottocento caravaggesco

Aperto con il dipinto di Caravaggio, il percorso espositivo si chiude con tre capolavori napoletani di secondo ‘800, che costituiscono altrettanti episodi di “caravaggismo moderno”.

Gli Iconoclasti di Domenico Morelli (1823-1901) fu presentato alla mostra borbonica del 1855, e fu terminato dall’abruzzese Filippo Palizzi (1818 – 1899) che vi appose il ‘fermo immagine’ potentemente neo seicentesco della natura morta in angolo.

Quindi, lungo un arco di poco più di tre lustri, incontriamo lo zoo in movimento di Filippo Palizzi (Dopo il
Diluvio
, 1863); per concludere con la corsa dei Bersaglieri a Porta Pia del 1871 dipinta da Michele Cammarano (1835-1920).

Dipinto "Dopo il Diluvio" del pittore Filippo Palizzi.
“Dopo il Diluvio di Filippo Palizzi”

Giunti alla fine del percorso della mostra “Oltre Caravaggio”, si invita a riflettere sulla storia, mai definitiva, che può essere riscritta e reinterpretata; allo stesso modo le collezioni di un museo, organismo che conserva il passato, ma si confronta continuamente col presente, possono essere rilette e così suggerire nuovi racconti.

I restauri

Per l’allestimento della mostra “Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli”, il Dipartimento di Restauro del Museo e Real Bosco di Capodimonte ha eseguito importanti restauri sulle opere esposte o ne ha coordinati altri affidandoli a restauratori esterni.

Alcune opere sono state restaurate grazie al sostegno dell’associazione Amici di Capodimonte Ets o di singoli mecenati (Gianfranco D’Amato, Roberto Nicolucci) o di aziende campane (D&D, Cartesar) nell’ambito di un progetto più ampio come “Rivelazioni. Finance for Fine Arts” di Borsa Italiana.

Informazioni utili

INDIRIZZO: Napoli, Via Miano 2;

COME ARRIVARE:

Metropolitana Linea 1, fermata Museo; proseguire con autobus. Metropolitana Linea 2, fermata Piazza Cavour; proseguire con autobus. Autobus: fermata in Piazza Museo (adiacenze Museo Archeologico Nazionale);

ORARI: La mostra “Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli” è visitabile tutti i giorni, tranne il mercoledì, dalle 8.30 alle 17.30 (ultimo accesso alle ore 17.00);

BIGLIETTO:

Ecco tutte le informazioni utili relative al costo del biglietto, acquistabile anche online, per visitare la mostra:

  • Intero: € 12,00;
  • Ridotto: € 2,00 (cittadini dell’Unione Europea di età compresa tra i 18 e i 25 anni non compiuti);
  • Gratuito: Under 18, guide turistiche e possessori di Campania Artecard.

Il Biglietto del museo è comprensivo delle mostre in corso, ha validità giornaliera e dà la possibilità di lasciare il museo e rientrare anche più volte fino alla chiusura.

NORME DI ACCESSO

L’ingresso alla mostra “Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli” sarà consentito nel rispetto delle normative governative vigenti in materia di Covid-19. Ingresso al museo con obbligo di mascherina chirurgica.

Per maggiori informazioni puoi chiamare allo 081 7499130, scrivere a mu-cap@beniculturali.it o contattare le pagine Facebook e Instagram del Museo e Real Bosco di Capodimonte.

Cosa leggere

Per approfondire la conoscenza delle opere in mostra, consiglio la lettura del catalogo ufficiale della mostra “Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli” acquistabile presso il Museo di Capodimonte.

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